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“Per non farmi parlare, mi ha storto la mandibola”: giovane accusa i genitori di maltrattamenti

Una giovane di un comune in provincia di Frosinone ha denunciato i genitori per maltrattamenti fisici e psicologici. Le violenze sarebbero iniziate durante l’infanzia e proseguite fino alla sua fuga da casa.

Una ragazza di un piccolo comune in provincia di Frosinone ha presentato denuncia contro i propri genitori, accusandoli di anni di maltrattamenti che, secondo le sue dichiarazioni, avrebbero segnato la sua infanzia e adolescenza. L’accusa include episodi di violenza e abusi psicologici che, a suo dire, si sarebbero protratti fino alla maggiore età, momento in cui la giovane ha scelto di lasciare la casa familiare per vivere con i genitori del fidanzato. Sono stati proprio questi ultimi a spingerla a denunciare, dopo aver scoperto l’entità delle sofferenze subite.

I dettagli delle accuse

Secondo quanto riportato da Il Messaggero, le violenze sarebbero iniziate quando la ragazza era ancora una bambina, ma si sarebbero intensificate negli anni delle scuole superiori. La denuncia descrive una madre particolarmente aggressiva, che non solo la maltrattava fisicamente, ma utilizzava la violenza anche come mezzo per controllare il rendimento scolastico. Tra gli episodi riferiti, si cita l’abitudine della madre di lanciare oggetti contro la figlia, mirando alla testa. In uno dei casi più gravi, la giovane ha riportato danni al cuoio capelluto, causati dai ripetuti colpi alla testa dove indossava il cerchietto.

In un altro episodio descritto nella denuncia, la madre le avrebbe storto la mandibola con violenza, dicendo: “Così non parli più”. Questo episodio ha lasciato non solo segni fisici, ma ha anche segnato profondamente la giovane, che all’epoca era ancora minorenne e quindi dipendente dai genitori.

Il controllo sul rendimento scolastico e le punizioni

Con il passare degli anni, la pressione della madre si sarebbe focalizzata in modo ossessivo sul rendimento scolastico. La giovane racconta che veniva costretta a leggere le lezioni ad alta voce e, se la madre non riusciva a sentirla chiaramente, veniva punita fisicamente. Non ottenere voti alti comportava ulteriori privazioni: la madre, secondo la denuncia, la puniva negandole cibo e acqua. La ragazza era obbligata a lavorare in un ristorante per contribuire economicamente alla famiglia, e anche dopo lunghe ore di lavoro, una volta rientrata a casa, le era imposto di studiare. Se tentava di riposare, la madre le impediva di dormire, costringendola a rimanere sveglia fino a tarda notte.

La decisione di denunciare e la richiesta di giustizia

L’incubo della giovane è terminato solo quando ha deciso di lasciare la casa dei genitori, trovando rifugio presso la famiglia del fidanzato. È stato proprio grazie al supporto dei genitori del ragazzo che la ragazza ha trovato la forza di denunciare i propri genitori, rivelando per la prima volta ciò che aveva subito per anni. La madre è stata accusata di violenze fisiche e psicologiche, mentre il padre, pur non essendo stato attivo nelle violenze, non avrebbe mai cercato di intervenire per difendere la figlia.

Il padre ha scelto di patteggiare, riconoscendo in parte la propria responsabilità per non essere intervenuto a tutela della figlia. Intanto, il pubblico ministero ha richiesto il rinvio a giudizio per entrambi i genitori, lasciando ora la decisione nelle mani del giudice, che dovrà stabilire se i due verranno processati.

Il peso dei maltrattamenti e le ripercussioni psicologiche

La storia della giovane, che si è conclusa con la denuncia, mette in luce il peso devastante dei maltrattamenti subiti fin dall’infanzia e proseguiti fino all’adolescenza. Secondo gli esperti, violenze di questo tipo, soprattutto se perpetrate in ambito familiare, possono causare danni psicologici profondi e duraturi. La costrizione a studiare fino allo sfinimento, l’ossessione per il rendimento scolastico e le continue privazioni hanno inciso profondamente sull’equilibrio psicofisico della ragazza, che solo con l’allontanamento dai genitori ha potuto iniziare un percorso di liberazione.

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