Il 30 novembre scorso, il corpo senza vita di Marco Magrin, un operaio saltuario di 53 anni, è stato rinvenuto in un garage a Treviso, dove si era rifugiato a causa della mancanza di una casa. L’uomo, originario del Veneto, aveva denunciato più volte sui social la sua difficile situazione, senza però trovare una soluzione concreta. Un messaggio pubblicato da Magrin circa un anno fa, che recitava: “Natale sarà bello per molti ma non per tutti, io sono al freddo”, oggi appare ancora più drammatico alla luce degli eventi.
La morte di Magrin ha sollevato un acceso dibattito tra il sindaco leghista di Treviso, Mario Conte, e l’associazione Caminantes, che si occupa di supportare le persone senza fissa dimora. Il primo cittadino ha annunciato l’intenzione di presentare un esposto per fare chiarezza sulle responsabilità del proprietario dell’immobile da cui Magrin era stato sfrattato, Andrea Berta, un attivista per il diritto alla casa legato al centro sociale Django di Treviso.
Secondo quanto dichiarato dal sindaco, Berta, pur essendo a conoscenza delle difficoltà in cui versava Magrin, non avrebbe informato i servizi sociali del Comune. Tuttavia, da parte loro, gli attivisti sostengono che l’uomo avesse più volte cercato aiuto, anche scrivendo direttamente al sindaco sulla sua pagina Facebook. In uno dei messaggi pubblicati, si legge: “Non so come mettermi in contatto con lei quindi le scrivo ora qui. Ho bisogno di un consiglio: come posso fare per stare in piedi mentre cado dopo che nessuno mi ascolta?”. Nonostante ciò, dagli uffici comunali affermano di non aver mai ricevuto segnalazioni ufficiali riguardo alla situazione di Magrin.
Berta ha spiegato di aver ereditato l’appartamento nel 2022 dopo la morte della zia e di aver trovato all’interno Magrin e la sua ex compagna, che erano stati ospitati dalla defunta. L’attivista ha dichiarato di aver permesso loro di rimanere nell’abitazione per oltre un anno senza chiedere alcun pagamento, ma di essere stato costretto a mettere in vendita l’immobile a causa dei costi delle bollette e dell’impossibilità di mantenere una seconda casa.
“Ho segnalato la situazione sia ai servizi sociali del Comune di Treviso che all’assistente sociale dell’Usl 7 Pedemontana. Per la donna, seguita da un amministratore di sostegno, era stata trovata una soluzione nel padovano. Per l’uomo, invece, purtroppo non era stato possibile” ha riferito l’avvocata di Berta, nonché consigliere comunale del Pd, Antonella Tocchetto.
Dopo aver lasciato l’appartamento, Magrin non avrebbe mai rivelato di essersi trasferito in un garage. “L’ultima volta che ho sentito Magrin era fine estate, mi aveva assicurato di aver trovato una nuova sistemazione e poi non ci sono stati più contatti, era una persona sfuggente. Da parte mia non c’è stato nessuno sfratto, dopo aver appurato che non c’era più nessuno in quell’appartamento ho iniziato a cercare una ditta per la disinfestazione e ho cambiato la serratura” ha dichiarato il proprietario al Corriere del Veneto.
Dal centro sociale Django aggiungono: “Marco aveva avuto una sistemazione in cui non gli era mai stato chiesto un affitto, ma in cui la situazione era di abbandono. Poi lui ha detto di aver trovato una soluzione alternativa e se n’è andato, nascondendo il fatto che era andato a dormire in un garage”.
La vicenda ha messo in evidenza le difficoltà incontrate dalle persone senza fissa dimora nel cercare aiuto e supporto da parte delle istituzioni. Da un lato, il Comune sostiene di non essere mai stato informato ufficialmente della situazione di Magrin, mentre dall’altro gli attivisti affermano che l’uomo avesse cercato ripetutamente di attirare l’attenzione delle autorità locali.
Il caso pone interrogativi più ampi sulla gestione delle emergenze abitative e sul coordinamento tra le diverse realtà coinvolte nell’assistenza ai più vulnerabili. La morte di Marco Magrin rappresenta una tragedia che richiede risposte concrete per evitare che situazioni simili si ripetano in futuro.
Oltrepassa la censura dei social sotto regime. Seguici su Telegram: Basta un clic qui