Alessio Lori, soprannominato “Chiappa”, è stato trovato morto in un Bed & Breakfast di via Tripoli. Le autorità ipotizzano il suicidio, ma l’indagine è aperta.
Alcuni giorni fa, il corpo senza vita di Alessio Lori, conosciuto con il soprannome “Chiappa”, è stato rinvenuto in una stanza di un Bed & Breakfast situato in via Tripoli, a Roma. L’uomo giaceva riverso a terra con un colpo di pistola alla fronte. Accanto a lui, gli investigatori hanno trovato l’arma che avrebbe sparato il colpo fatale. La Procura ha avviato un fascicolo per omicidio, un passaggio obbligatorio in casi come questo, ma le prime indagini sembrano indicare con chiarezza che si tratti di un gesto volontario.
Alessio Lori, 37 anni, era noto alle forze dell’ordine e alla giustizia per il suo coinvolgimento in attività criminali. Lo scorso agosto era evaso dagli arresti domiciliari. In primo grado, era stato condannato a 14 anni di carcere per reati che includevano narcotraffico, estorsione, spaccio e incendio doloso. Successivamente, l’appello aveva portato a una lieve riduzione della pena. La sua figura era legata al boss albanese Elvis Demce, per il quale svolgeva il ruolo di luogotenente. Tra le accuse a suo carico figurava anche il presunto piano per assassinare Giuseppe Molisso, narcotrafficante legato al clan Senese, per vendicare la morte di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Lori si trovava in una situazione sempre più difficile. Non solo era ricercato dalle forze dell’ordine dopo la sua evasione, ma si ipotizza che fosse anche nel mirino di rivali pronti a regolare i conti. La sua situazione sarebbe stata ulteriormente complicata da una parentela scomoda: era cugino di primo grado dei pentiti Fabrizio Capogna e Simone Capogna, figure chiave nelle indagini sulla criminalità organizzata romana. Le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia hanno permesso agli inquirenti di ricostruire dinamiche interne al mondo criminale della capitale, comprese le circostanze che hanno portato all’omicidio di “Diabolik” nell’agosto 2019.
Secondo alcune fonti investigative, la decisione di togliersi la vita potrebbe essere stata influenzata dal senso di isolamento e dalla pressione crescente. Si ipotizza che Lori si sentisse tradito non solo dai suoi avversari, ma anche dai suoi stessi alleati, che avrebbero potuto considerarlo un rischio per via delle sue relazioni familiari. La sua morte arriva in un contesto in cui le faide interne e le rivalità tra gruppi criminali sembrano aver raggiunto livelli critici.
Originario del quartiere Centocelle, Alessio Lori aveva iniziato la sua carriera nel mondo della criminalità organizzata proprio nella zona in cui è cresciuto. Con il tempo, era riuscito a guadagnarsi la fiducia di Elvis Demce, arrivando a gestire la piazza di spaccio di Tor Bella Monaca, uno dei quartieri più problematici della capitale. Descritto come spietato e violento, non esitava ad agire con brutalità quando necessario. Il suo nome era emerso anche nell’inchiesta che riguardava il tentativo di vendetta contro Giuseppe Molisso. Quest’ultimo era ritenuto vicino al clan Senese e considerato dagli alleati di “Diabolik” responsabile, seppur indirettamente, della morte del leader ultras.
Le forze dell’ordine erano riuscite a sventare quel piano grazie a un’operazione coordinata che aveva portato all’arresto dei principali esponenti del gruppo criminale coinvolto. Tuttavia, l’arresto non aveva posto fine alle tensioni tra i vari clan, anzi, aveva contribuito ad accendere ulteriormente le rivalità.
Il pubblico ministero Francesco Cascini, responsabile dell’indagine sulla morte di Lori, ha dichiarato: “L’apertura del fascicolo per omicidio è un atto dovuto, ma al momento non ci sono elementi che suggeriscano una pista diversa dal suicidio.” Gli investigatori stanno comunque esaminando tutti i dettagli per escludere ogni altra possibilità.