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ToggleOldboy, il film di Park Chan-wook del 2003, è un’opera che trascende i confini del genere per diventare un manifesto del cinema contemporaneo.
Parte della celebre Trilogia della Vendetta iniziata con Mr. Vendetta e conclusa con Lady Vendetta, Oldboy è un complesso racconto di rivalsa, disperazione e violenza, che mescola elementi della tragedia greca, estetica cinematografica e riferimenti postmoderni. Ma qual è il significato profondo di questo film e come si collega alla sua natura tragica? Di seguito, un’analisi approfondita.
Il cuore di Oldboy: la vendetta come motore narrativo
Al centro della storia c’è Oh Dae-su, interpretato da un magistrale Choi Min-sik, un uomo ordinario rapito senza motivo apparente e imprigionato in una stanza per quindici anni. Senza alcuna spiegazione sul perché della sua prigionia, Dae-su trascorre il tempo in un isolamento disumanizzante, coltivando solo rabbia e desiderio di vendetta.
Quando finalmente viene rilasciato, Dae-su si ritrova coinvolto in un sadico gioco: scoprire in soli cinque giorni chi lo ha imprigionato e perché. Da qui, il film si sviluppa come un labirinto psicologico, una spirale di violenza e rivelazioni che culmina in un finale sconvolgente.
La tragedia greca e l’eroe tragico
Oldboy si ispira apertamente alla tragedia greca, con richiami evidenti a opere come Edipo Re di Sofocle. Proprio come nell’antico dramma, la storia è costruita su un percorso predestinato, tracciato da un antagonista che assume quasi il ruolo di una divinità greca. Lee Woo-jin, il carceriere e manipolatore di Dae-su, è un personaggio che domina la scena attraverso inquadrature dal basso e prospettive imponenti, incarnando il destino inesorabile dell’eroe.
Oh Dae-su incarna l’archetipo dell’eroe tragico: un uomo che, nonostante le sue scelte e i suoi tentativi di ribellione, è destinato a cadere vittima di un fato crudele. La narrazione procede “in medias res”, come nelle tragedie greco-latine, con flashback che frammentano il racconto, svelando gradualmente il passato di Dae-su e le sue responsabilità nella catena di eventi che lo hanno portato alla prigionia.
La sua ricerca di vendetta, inizialmente percepita come giustificata, si trasforma in un viaggio verso la consapevolezza della propria colpa, rendendolo non solo una vittima, ma anche il principale artefice del proprio destino.
La violenza estetizzata: simbolismo e stile
Uno degli aspetti più celebrati di Oldboy è l’estetizzazione della violenza. Park Chan-wook non si limita a rappresentare atti brutali: li trasforma in un balletto visivo che sottolinea il significato emotivo e narrativo di ogni scena. Un esempio iconico è la sequenza del corridoio, girata in un unico piano sequenza orizzontale, in cui Dae-su affronta una folla di nemici armato solo di un martello. La scena, realizzata con una coreografia perfetta, combina brutalità e precisione tecnica, diventando un simbolo del percorso di sofferenza e resistenza del protagonista.
La violenza non è mai gratuita, ma è usata come strumento per esplorare la psiche dei personaggi. Un altro momento memorabile è la scena in cui Dae-su tortura il suo ex carceriere, strappandogli i denti con un martello mentre sullo sfondo risuona L’Inverno di Vivaldi. Questa contrapposizione tra bellezza musicale e crudeltà visiva enfatizza il contrasto tra le emozioni umane e la loro capacità di infliggere dolore.
La narrazione postmoderna: tra neo-noir e manga
Il film è ispirato all’omonimo manga del 1996 scritto da Garon Tsuchiya, ma Park Chan-wook ne rielabora la trama, aggiungendo strati di complessità e contaminazioni culturali. La sceneggiatura unisce elementi del neo-noir, con la sua atmosfera cupa e moralmente ambigua, a riferimenti alla letteratura classica, come l’ossessione shakespeariana per la vendetta e l’autodistruzione.
La struttura frammentata della narrazione, con continui salti temporali e flashback, riflette la mente spezzata di Dae-su e il tema centrale del film: la ricerca della verità in un mondo caotico e insensato.
Il finale: un colpo di scena indimenticabile
Il finale di Oldboy è uno dei più sorprendenti e scioccanti della storia del cinema. Senza entrare nei dettagli per evitare spoiler, si può dire che la conclusione rappresenta una perfetta sintesi della tragedia classica e del cinema postmoderno. Il protagonista scopre una verità devastante che lo obbliga a confrontarsi con le proprie colpe, distruggendo ogni possibilità di redenzione o catarsi.
Questo epilogo lascia lo spettatore senza fiato, costringendolo a riconsiderare tutto ciò che ha visto e a riflettere sulle tematiche del film: il ciclo infinito della vendetta, la manipolazione, la perdita dell’innocenza e il peso delle azioni passate.
L’eredità di Oldboy
Il successo internazionale di Oldboy, coronato dal Grand Prix al Festival di Cannes 2004, ha consacrato Park Chan-wook come uno dei registi più influenti del cinema contemporaneo. La sua capacità di fondere tradizione e modernità, estetica e contenuto, ha reso questo film un punto di riferimento per il genere thriller e non solo.
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