The Tank (2023): la recensione del film con Trailer

Un’eredità sinistra scatena terrore ancestrale in una famiglia ignara

Il regista neozelandese Scott Walker torna con un creature feature che galleggia a malapena grazie agli effetti pratici della Weta Workshop, ma affonda sotto il peso di una trama debole e personaggi poco sviluppati.Sulla costa dell’Oregon, una casa abbandonata nasconde un terribile segreto. Negli anni ’40, una giovane famiglia fu vittima di un orrore indicibile che costrinse la vedova Linda a fuggire. Decenni dopo, suo figlio Ben (Matt Whelan) eredita inaspettatamente la proprietà. Ignaro del pericolo, Ben si trasferisce con la moglie Jules (Luciane Buchanan) e la figlia Reia (Zara Nausbaum) in questo luogo remoto e inquietante.La premessa di “The Tank” solleva immediatamente domande sulla logica della trama. Perché Linda lascerebbe una proprietà così pericolosa al figlio senza avvertirlo? Il film accenna a una maledizione legata al terremoto di Cascadia del 1700, ma questa informazione sembra più un espediente che un elemento ben integrato nella storia.

Un’attesa interminabile per l’orrore

La prima ora del film è un esercizio di pazienza per lo spettatore. Walker si dilunga in scene introduttive superflue, come un dialogo sul ciclo vitale degli axolotl, prima di portare la famiglia nella casa maledetta. L’azione tarda ad arrivare, e quando finalmente si manifesta, il regista deve ricorrere a personaggi sacrificabili per mostrare le capacità letali delle creature. Nonostante la lentezza, alcune performance attoriali meritano una menzione. Matt Whelan e Luciane Buchanan offrono interpretazioni credibili nei panni di Ben e Jules, mentre la giovane Zara Nausbaum brilla nel ruolo di Reia, pur essendo relegata al classico ruolo di “bambina in pericolo”.

Il trionfo degli effetti speciali pratici

Il vero punto di forza di “The Tank” risiede negli effetti speciali curati da Richard Taylor e dal team della Weta Workshop. Le creature sono realizzate con tecniche tradizionali, utilizzando costumi, materiali pratici e litri di fluidi viscosi. Questo approccio “old school” conferisce ai mostri una presenza fisica e una tangibilità che l’CGI fatica spesso a replicare. Purtroppo, l’eccellenza tecnica non basta a salvare il film. La sceneggiatura di Walker soffre di incongruenze logiche e di un ritmo esasperatamente lento. I personaggi compiono scelte illogiche solo per far progredire la trama, come il poliziotto che si avventura incautamente nel bosco nonostante le evidenti minacce.

Un tuffo nel passato del cinema horror

“The Tank” sembra voler omaggiare i creature feature degli anni ’80, ma fatica a trovare un equilibrio tra nostalgia e originalità. Il film si affida troppo a cliché del genere senza reinventarli in modo significativo. La tensione, elemento cruciale per un horror efficace, viene dissipata dalla prevedibilità delle situazioni e dalla scarsa caratterizzazione dei personaggi. Nonostante le sue carenze, “The Tank” potrebbe trovare un pubblico tra gli appassionati di horror acquatici e di effetti speciali pratici. Il lavoro della Weta Workshop merita di essere apprezzato sul grande schermo, offrendo un’alternativa rinfrescante all’onnipresenza della CGI nel cinema contemporaneo. In conclusione, “The Tank” è un film che galleggia a malapena, sostenuto dalla qualità dei suoi effetti speciali ma affondato dal peso di una sceneggiatura debole e di personaggi poco sviluppati. Per gli spettatori disposti a sopportare un’ora di setup tedioso, il payoff finale potrebbe offrire qualche momento di intrattenimento, ma difficilmente lascerà un’impressione duratura nel vasto oceano del cinema horror.

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