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Gino Cecchettin replica al ministro Valditara: “L’assassino di mia figlia è italiano, la brutalità è brutalità”

Durante un evento tenutosi alla Camera dei Deputati, Gino Cecchettin ha presentato la Fondazione dedicata alla figlia Giulia, tragicamente uccisa a soli 22 anni dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre dell’anno scorso. In questa occasione, Cecchettin ha risposto al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che aveva inviato un videomessaggio in cui collegava l’aumento della violenza sessuale a “forme di marginalità” derivanti da “immigrazione illegale”.

Nel suo discorso, Cecchettin ha sottolineato: “Vorrei dire al ministro che chi ha portato via mia figlia è italiano. La violenza è violenza, indipendentemente da dove essa arrivi. Non ne farei un tema di colore, ma di azione. Di concetto”. Queste parole sono state una risposta diretta alle affermazioni del ministro, che aveva attribuito parte del problema della violenza sessuale all’immigrazione irregolare.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Cecchettin ha anche criticato la descrizione del “patriarcato” fatta da Valditara. Ha affermato: “Non è che se neghi una cosa questa non esiste. Il ministro ha parlato di soprusi, di violenze, di prevaricazione. È esattamente quello il patriarcato ed è tutto ciò che viene descritto nei manuali. Mi sembra solo una questione di nomenclatura. È la parola, oggi, che mette paura: ‘patriarcato’ spaventa più di ‘guerra’. È un problema sociale, non ideologico. Quando ci riapproprieremo tutti del significato di questa parola, vorrà dire che avremmo fatto metà della strada”.

La Fondazione Giulia Cecchettin è stata creata con l’obiettivo di promuovere progetti di formazione ed educazione all’affettività, un tema caro alla famiglia Cecchettin. Gino Cecchettin ha espresso la sua speranza che, nonostante le difficoltà con l’attuale governo, lo spirito educativo della Fondazione venga compreso appieno: “se lo spirito non verrà capito appieno. Ma il nostro è un sforzo educativo rivolto all’amare, non all’odiare. Per questo sono sicuro che non ci saranno problemi”.

Anche Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha condiviso i suoi pensieri attraverso i social media riguardo alle parole del ministro Valditara. Ha ricordato il doloroso momento in cui ha appreso della morte della sorella: “Hanno trovato Giulia”. Le sue parole riflettono il dolore e la determinazione della famiglia nel mantenere viva la memoria di Giulia attraverso la Fondazione.

Il discorso di Cecchettin e le sue critiche al ministro Valditara hanno suscitato ampio dibattito pubblico. Molti si sono chiesti se le dichiarazioni del ministro sull’immigrazione e sulla violenza sessuale fossero appropriate o se rischiassero di alimentare stereotipi dannosi. Il tema del patriarcato, sollevato da Cecchettin, ha riportato l’attenzione su un problema sociale di lunga data che continua a influenzare la vita di molte persone.

La creazione della Fondazione Giulia Cecchettin rappresenta un passo importante nella lotta contro la violenza di genere e nella promozione dell’educazione all’affettività. Attraverso iniziative educative e progetti di sensibilizzazione, la Fondazione mira a cambiare le percezioni culturali e a promuovere relazioni basate sul rispetto e sull’amore.

La famiglia Cecchettin spera che il lavoro della Fondazione possa contribuire a prevenire tragedie simili a quelle vissute da loro. La loro determinazione nel trasformare il dolore in un’opportunità per il cambiamento sociale è un esempio di resilienza e impegno civico.

Nel contesto attuale, dove i temi dell’immigrazione e della violenza di genere sono spesso politicizzati, le parole di Gino Cecchettin risuonano come un richiamo alla responsabilità collettiva nel riconoscere e affrontare le radici profonde della violenza. La sua enfasi sull’azione piuttosto che sul colore della pelle sottolinea l’importanza di affrontare questi problemi in modo olistico e inclusivo.

La Fondazione Giulia Cecchettin si propone quindi non solo come un omaggio alla memoria di una giovane donna vittima di violenza, ma anche come un faro di speranza per un futuro in cui la comprensione e l’amore possano prevalere sull’odio e sull’indifferenza.

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