Un bambino di 4 anni è rimasto senza pranzo a scuola a causa di un debito di pochi euro nella mensa scolastica. Il padre denuncia una gestione del servizio che dimentica l’umanità dietro alle regole.
Sulmona – La vicenda di un bambino lasciato senza pasto alla scuola dell’infanzia Di Nello di Sulmona per una morosità inferiore ai dieci euro ha suscitato indignazione e dibattito. Il padre, docente e parte attiva nel sistema educativo, esprime profondo dissenso verso un modello di gestione che, a suo dire, ha perso di vista il fattore umano.
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La vicenda e la reazione del Comune
Il problema si è verificato a causa di un credito insufficiente sul conto mensa del bambino, fatto che ha portato alla negazione del pasto. Il Comune di Sulmona ha ribadito che le regole sono state applicate correttamente e che la famiglia era stata informata della morosità. Tuttavia, il padre sostiene con fermezza di non aver ricevuto alcuna notifica riguardo il debito: “Contrariamente a quanto afferma il Comune, io non ho ricevuto nessun messaggio sul fatto che ero moroso, altrimenti avrei ricaricato seduta stante, come d’altronde ho fatto ieri, il mio credito”.
Questo episodio, per il padre del bambino, rappresenta non solo un errore organizzativo ma anche una distorsione dei principi educativi: “Il coperto cancellato resta per me una stortura sociale ed educativa, prima che un torto”. La vicenda apre una riflessione più ampia su un sistema che, a suo dire, pone la burocrazia davanti alle necessità degli utenti, dimenticando che dietro i numeri e i conti esistono persone.
La dignità ferita e le implicazioni sociali
L’uomo ha evidenziato un altro aspetto critico della vicenda: per chi ha un reddito basso, il rischio di essere umiliati diventa doppio. In molti casi, infatti, i genitori potrebbero trovarsi impossibilitati a saldare il debito mensa per motivi economici. “Magari un lavoratore con Isee a tariffa ridotta che stava aspettando l’accredito dello stipendio, o aveva una bolletta urgente da saldare” commenta amaramente, sottolineando che un simile episodio avrebbe potuto accadere a chiunque.
La questione ha suscitato un’ondata di reazioni, sia di solidarietà sia di critiche. In rete, alcune persone hanno suggerito che i genitori dovrebbero prendersi maggiore responsabilità nei pagamenti, mentre altre hanno addossato le colpe al portale di gestione della mensa scolastica. Molti operatori scolastici e colleghi insegnanti si sono schierati in favore del padre, sottolineando come questo sia un problema condiviso.
Il ruolo della digitalizzazione nel servizio scolastico
Il padre del bambino vede un problema più ampio alla base della vicenda: un sistema di gestione dei servizi scolastici che, sempre più spesso, fa affidamento su piattaforme digitali e algoritmi. “Che cosa insegniamo ai nostri ragazzi? Qual è il messaggio che veicoliamo?” domanda, ponendo l’attenzione sull’aspetto educativo. Secondo lui, delegare a un sistema digitale la gestione di questioni sensibili come quella dei pasti scolastici rischia di disumanizzare il servizio stesso.
Gli insegnanti, aggiunge il padre, sono vittime come le famiglie in questo sistema e non possono essere considerati responsabili delle mancanze amministrative. “Io non ce l’ho con loro, né con la scuola. Non è loro la responsabilità di quanto accaduto, anzi loro hanno cercato di metterci una pezza. È il sistema che non funziona e non parlo solo della piattaforma informatica: è proprio l’idea di adattare la scuola e il diritto allo studio alle regole della burocrazia, il principio che disumanizzare vuol dire essere efficienti”, dichiara.
L’attenzione verso il figlio e l’eco mediatica
Il bambino, di soli quattro anni, non è in grado di comprendere appieno la situazione. Il padre cerca di proteggerlo dall’eco mediatica e dalle polemiche, minimizzando l’accaduto agli occhi del figlio. “L’altra sera gli ho dovuto comprare il prosciutto cotto che non aveva avuto a mensa. Stiamo cercando di tenerlo fuori da questa baraonda che si è scatenata e che per fortuna non comprende” spiega.
Nonostante le sue intenzioni iniziali fossero limitate a esprimere un disappunto personale, il padre si è trovato al centro di una polemica pubblica. “Non credevo che si sarebbe scatenato questo caos mediatico, volevo solo esprimere la mia rabbia e il mio disappunto e magari dare un consiglio a chi gestisce il servizio di correggere una stortura”.
Una lezione amara e la speranza di un cambiamento
L’esperienza ha lasciato un segno profondo nel padre del bambino, che la definisce “una pessima lezione”. Anche se assicura che in futuro sarà più attento a evitare situazioni simili, ribadisce che il vero problema è il sistema stesso. “Starò attento in futuro a ricaricare il credito, ma non è questo certo il problema” conclude, sottolineando come il suo intento fosse quello di attirare l’attenzione su una questione che ritiene profondamente ingiusta.
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