Cédric Jimenez ci porta nei giorni successivi agli attentati di Parigi, raccontando la caccia ai responsabili in un thriller ad alta tensione che ricostruisce il trauma collettivo francese.
Il film di Cédric Jimenez, November – I cinque giorni dopo il Bataclan, in uscita nelle sale dal 20 aprile, narra i giorni successivi agli attentati terroristici che hanno colpito Parigi il 13 novembre 2015, segnando profondamente la Francia. Con uno stile crudo e realistico, Jimenez realizza un film che si avvicina al cinema d’azione e spionaggio, raccontando le indagini della polizia antiterrorismo. È un’opera che si allontana dall’emotività per focalizzarsi sulla complessa macchina investigativa messa in moto dopo quella notte di terrore, con 131 morti e centinaia di feriti tra il teatro Bataclan, il X arrondissement e lo stadio di Saint-Denis.
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Un film di investigazione ad alta tensione
Jimenez adotta un approccio che richiama i grandi thriller di spionaggio: un susseguirsi di inseguimenti, intercettazioni e operazioni in cui la polizia francese tenta di rintracciare i responsabili e prevenire altri possibili attacchi. Basato sulla sceneggiatura di Olivier Demangel, il regista amplia il copione originale per trasformarlo in una cronaca scandita, quasi in tempo reale, delle operazioni condotte dall’antiterrorismo.
Il film si apre con un prologo che mostra un’operazione speciale della polizia nei sobborghi di Atene: una missione fallita che lascia il comandante turbato e che consente a Abdelhamid Abaaoud, uno dei leader degli attentati, di fuggire. Pochi mesi dopo, Abaaoud sarà tra i responsabili degli attacchi a Parigi. Da qui, la narrazione si trasferisce nelle sale di comando della divisione antiterrorismo, guidata da Heloise (interpretata da Sandrine Kiberlain) e Fred (interpretato da Jean Dujardin). Entrambi sono immersi in una lotta contro il tempo per rintracciare i colpevoli, tra cui Abaaoud e Salah Abdeslam, per evitare nuovi attacchi.
Un ritmo incalzante tra realismo e suspense
Il cuore pulsante del film risiede nella tensione costante che caratterizza ogni momento. Jimenez evita di mostrare direttamente la tragedia dell’attentato, relegandola invece a fuori campo. Attraverso un montaggio serrato e sequenze che ricordano l’approccio documentaristico, il regista costruisce un’immersione nell’azione e nel caos delle operazioni della polizia, limitando al minimo gli aspetti emotivi dei protagonisti.
Le scene d’azione si susseguono con pedinamenti nelle banlieue di Parigi, incursioni della polizia in cerca dei sospetti e una tensione crescente che fa da filo conduttore. Jimenez adotta riprese a mano e in soggettiva, un espediente che intensifica l’esperienza visiva, specialmente nelle scene finali in cui la polizia irrompe in uno degli ultimi nascondigli dei terroristi, creando un momento di vera apnea per lo spettatore, immerso in suoni confusi e fumo, fino a un ritorno alla “giusta distanza” emotiva.
Oltre il thriller: la riflessione sulla fragilità delle istituzioni
Pur adottando uno stile di puro intrattenimento, il film non rinuncia a una riflessione profonda sul senso di smarrimento della società francese e sui limiti della sicurezza nazionale. La struttura del racconto permette di percepire le difficoltà delle forze dell’ordine in quei giorni critici, con un sistema sotto pressione, reso ancor più visibile dai rari interventi televisivi del presidente François Hollande che appare sugli schermi degli uffici.
Un dialogo emblematico tra uno dei terroristi e la polizia descrive l’impatto psicologico sugli agenti: “Vi hanno scagliato un fulmine contro,” dice beffardo l’interrogato. Questa frase riassume il disorientamento di un sistema incapace di prevedere e arginare un attacco così devastante. Alla fine, November non fornisce vincitori o risposte rassicuranti, ma una consapevolezza amara: chi ha vissuto quei giorni ne esce profondamente segnato.
Una messa in scena essenziale e calibrata
Jimenez costruisce il film con una regia essenziale, preferendo un’attenzione documentaristica al realismo, in cui gli eventi si snodano senza inutili decorazioni. La fotografia e le inquadrature seguono una linea tesa e ritmata, in sintonia con il genere thriller, accentuando ogni istante della caccia all’uomo. I personaggi, pur centrali nell’azione, sono tratteggiati solo quel tanto che basta per renderli funzionali alla trama: lo spettatore non è portato a conoscere in dettaglio i loro pensieri o il loro vissuto, ma a seguirne con apprensione le decisioni.
La scelta di mostrare gli attentati solo attraverso le testimonianze dei sopravvissuti o tramite notiziari radio e tv rappresenta un rispetto per la tragedia, lasciando al pubblico il compito di colmare con la propria immaginazione il vuoto creato dalla violenza di quegli eventi.
November – I cinque giorni dopo il Bataclan riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore con una regia tesa e una narrazione d’impatto, facendo rivivere lo stato di emergenza vissuto dalle forze di sicurezza francesi nel novembre del 2015. Cédric Jimenez realizza un film che, pur rientrando nei canoni del thriller d’azione, invita a una riflessione sul trauma di un’intera nazione e sugli errori commessi in quei giorni.
Con un ritmo incalzante e uno stile che rende omaggio alla tradizione del cinema di spionaggio, il film offre uno spaccato della complessa rete di indagini e delle sfide che hanno affrontato le forze dell’ordine, diventando uno dei rari film capaci di trasporre una tragedia storica senza eccessi né retorica.
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