Zakaria Atqaoui, condannato a 24 anni per l’omicidio della ex fidanzata Sofia Castelli, attende il secondo grado di giudizio: la famiglia invoca giustizia e una pena più severa.
L’omicidio di Sofia Castelli ha scosso profondamente l’Italia, alimentando il dibattito sulle pene per i reati di femminicidio. Zakaria Atqaoui è stato condannato in primo grado a 24 anni di reclusione per l’omicidio premeditato della giovane, avvenuto tra il 28 e il 29 luglio 2023, a Cologno Monzese. La famiglia della vittima, in attesa del processo d’appello, si è espressa duramente contro la sentenza, ritenendola insufficiente rispetto alla gravità del crimine.
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La madre di Sofia, intervenuta nel programma televisivo Storie italiane, ha condiviso dettagli scioccanti sull’accaduto. Ha ricordato come Atqaoui avesse continuato a cercare di entrare in contatto con Sofia, nonostante la relazione fosse finita. Il giorno dell’omicidio, il giovane aveva persino inviato una torta alla sua ex fidanzata, chiedendole di poter passare a prendere alcuni effetti personali rimasti a casa sua. Secondo la madre, Sofia aveva insistito affinché Atqaoui tornasse solo il lunedì successivo, quando i genitori sarebbero stati in casa. Tuttavia, lui si era comunque presentato la sera del 28 luglio, convincendo Sofia a farlo entrare con il pretesto di condividere una fetta di torta. Durante quella visita, avrebbe anche sottratto le chiavi della casa.
La notte dell’omicidio, Atqaoui avrebbe atteso il ritorno di Sofia nascondendosi nell’armadio della sua camera. Come rivelato dalla madre della vittima a Storie italiane, l’assassino si era cambiato d’abito, indossando gli abiti del fratello di Sofia e nascondendo i propri vestiti nell’armadio dei genitori. Poi, ha recuperato un coltello dalla cucina, ritenendo quello che aveva inizialmente inadeguato perché la punta era smussata. Ha atteso per ore, in silenzio, fino a quando Sofia è tornata a casa con un’amica e si è addormentata.
La madre di Sofia ha fornito ulteriori dettagli su ciò che ha trovato la mattina successiva, scoprendo gli abiti e gli effetti personali di Atqaoui nell’armadio di casa. Questo episodio rafforza l’accusa di premeditazione, già riconosciuta dal giudice di primo grado. La famiglia sostiene che la condanna a 24 anni non renda giustizia alla memoria di Sofia e chiede che in appello la pena venga aumentata.
Nel corso delle settimane precedenti all’omicidio, l’amica di Sofia, Aurora, aveva notato un comportamento sempre più ossessivo da parte di Atqaoui. Tuttavia, nonostante questo cambio di atteggiamento, nulla aveva destato preoccupazioni tali da far pensare a una minaccia imminente. Aurora si trovava nell’appartamento la notte del delitto e dormiva nella stanza accanto. Non ha sentito nulla durante l’aggressione e ha scoperto quanto accaduto solo la mattina successiva. La sua testimonianza evidenzia l’apparente normalità dei comportamenti di Atqaoui nei confronti della sua ex compagna, rendendo ancor più sconvolgente la drammaticità dell’accaduto.
La madre di Sofia e altri familiari hanno descritto la giovane come una ragazza piena di vita, sempre determinata e capace di unire tutti. La zia di Sofia, intervistata anch’essa a Storie italiane, ha espresso il proprio dolore ricordando: “Era una ragazza piena di vita e di energia. Era tosta, molto determinata. Era il collante della famiglia, non si perdeva mai un appuntamento con noi. Un’assenza incolmabile”.
I familiari non si sono limitati a ricordare il carattere di Sofia, ma hanno anche rivolto un appello affinché la giustizia non si limiti a una pena che reputano inadeguata. La madre ha dichiarato: “La premeditazione e altre due aggravanti non sono bastate per la pena dell’ergastolo. A quanto pare per la legge italiana siamo di fronte a un assassino modello”. Questa frase sottolinea il profondo disappunto della famiglia rispetto al sistema giuridico, che in loro opinione non avrebbe dato il giusto peso alle circostanze aggravanti.
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