Un ulteriore elemento di sospetto riguarda le ferite riportate dal fratello maggiore, Loris Pompa, sugli avambracci. Secondo l’accusa, queste sarebbero state causate dalle unghie della vittima mentre veniva immobilizzato. Questo dettaglio rafforzerebbe l’ipotesi di una complicità attiva da parte di Loris, che avrebbe trattenuto il padre mentre Alex lo colpiva.
Il procuratore Bassi ha anche richiamato l’attenzione su un messaggio inviato da Loris Pompa allo zio alle 22:26 della sera del delitto. Nel testo si legge: “Noi siamo qui che stiamo rischiando la vita, vieni ad aiutarci, abiti a 2 minuti di macchina da noi”. Secondo l’accusa, questo messaggio sarebbe stato inviato con l’intento di inquinare le prove e costruire un alibi. “Giuseppe Pompa ha telefonato al fratello alle 22:22, alle 22:26 era già morto”, ha spiegato il procuratore. “Il messaggio è fasullo: un colpo di genio e una vendetta, in modo che lo zio abbia sulla coscienza un omicidio che loro hanno commesso”.
Anche la telefonata fatta da Alex Cotoia ai carabinieri per confessare l’omicidio è stata messa in discussione dall’accusa. Secondo il procuratore, il tono e le parole utilizzate durante la chiamata sembravano premeditate. “Sembrava leggesse”, ha affermato Bassi, insinuando che la confessione fosse stata preparata in anticipo per rafforzare la versione della legittima difesa.
La vicenda ha suscitato un ampio dibattito pubblico, dividendo l’opinione tra chi considera Alex un giovane che ha agito per proteggere la madre da un padre violento e chi invece vede nell’omicidio un atto pianificato e privo di giustificazioni. La figura di Giuseppe Pompa, descritto come una persona violenta e aggressiva, è al centro delle polemiche. Tuttavia, per l’accusa, questo non giustifica le modalità con cui è stato ucciso.
Con l’annullamento della sentenza d’appello da parte della Cassazione, il caso si arricchisce di nuovi elementi e interrogativi. La possibilità che anche il fratello maggiore venga indagato per omicidio volontario apre scenari inediti nella vicenda giudiziaria. Nel frattempo, la famiglia continua a sostenere la versione della legittima difesa, ribadendo che Alex abbia agito per salvare la madre da una situazione di estremo pericolo.
La prossima fase del processo sarà cruciale per determinare se le accuse mosse dall’accusa troveranno conferma o se prevarrà la tesi della difesa. In ogni caso, il caso di Alex Cotoia rappresenta un esempio complesso e controverso di giustizia penale, in cui si intrecciano dinamiche familiari drammatiche e questioni legali delicate.
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