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Elena Cecchettin: “Il mancato riconoscimento dello stalking a Turetta rivela disinteresse delle istituzioni verso le donne”

La sorella di Giulia Cecchettin commenta sui social la sentenza contro Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio premeditato della giovane. Critiche alle istituzioni.

L’11 novembre 2023 ha segnato una tragica data per la famiglia Cecchettin, con l’omicidio di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta, ora condannato all’ergastolo. La sentenza, sebbene abbia riconosciuto la premeditazione, non ha incluso le aggravanti di crudeltà e stalking, scatenando una serie di reazioni, tra cui quelle della sorella della vittima, Elena Cecchettin, che ha deciso di esprimere il suo punto di vista sui social media.

Attraverso alcune storie pubblicate su Instagram, Elena Cecchettin ha condiviso le sue riflessioni in merito alla decisione del tribunale. Pur accettando il verdetto, ha espresso disappunto per la mancata contestazione delle aggravanti di stalking e crudeltà, sottolineando come queste omissioni rappresentino una mancanza di rispetto nei confronti della vittima e della sua famiglia.

“Una sentenza giudiziaria non corrisponde sempre alla realtà dei fatti. Si chiama verità giudiziaria ed è quello che viene riportato dal verdetto, e basta. Non toglie il dolore, la violenza fisica e psicologica che la vittima ha subito. Ciò che è successo non sparisce solo perché un’aggravante non viene contestata, o più di una”, ha scritto Elena in una delle sue storie.

La giovane ha inoltre sottolineato come il mancato riconoscimento dello stalking sia un segnale preoccupante da parte delle istituzioni. Secondo lei, tale decisione dimostra una scarsa attenzione verso le donne che subiscono violenza. “Detto questo, il non riconoscimento dello stalking (non parlo nemmeno dell’altra aggravante perché si commenta da sola la situazione) è un’enorme conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne. Sei vittima solo se sei morta. Quello che subisci in vita te lo gestisci da sola”, ha aggiunto.

Elena Cecchettin ha anche riflettuto su come le conseguenze della violenza non riguardino solo la vittima diretta, ma anche coloro che le sono vicini. “E non toglie nemmeno il dolore e l’ansia che ho dovuto subire io personalmente in quanto persona vicina a Giulia. Inevitabilmente le persone intime della vittima vengono trascinate negli stati di ansia e turbamento”, ha spiegato.

Nel corso del processo, la difesa di Filippo Turetta ha avanzato argomentazioni che Elena ha definito inaccettabili. In particolare, ha criticato l’uso di termini come “ossessivi, quasi da spettro autistico” per descrivere i comportamenti dell’imputato. “Fare l’avvocato è una professione e tutti hanno diritto a una difesa, su questo non ci piove. Tuttavia, questo non significa non avere responsabilità. Sostenere che i comportamenti dell’imputato siano ‘ossessivi, quasi da spettro autistico’ e giustificare con questa affermazione tutto quello che è successo è vergognoso. Stiamo parlando di comportamenti che ledono la libertà e la vita di una persona”, ha dichiarato.

La sorella di Giulia Cecchettin ha poi posto l’accento sull’importanza di riconoscere tutte le aggravanti nei casi di femminicidio, non solo per rendere giustizia alle vittime, ma anche per prevenire future tragedie. “Concludo dicendo che il fatto che chi sostiene che tanto la condanna sarebbe stata la stessa anche con le altre due aggravanti non ha capito nulla. Se nulla può portarci indietro Giulia, quantomeno può fare la differenza per altre donne nel futuro. È facile rinchiudere in cella per sempre una persona lavandosene le mani e dicendo di aver fatto giustizia. Ma è questa la vera giustizia?”, si è chiesta.

Secondo Elena, il femminicidio non è mai un atto isolato, ma il culmine di una serie di violenze e abusi che spesso vengono ignorati o minimizzati. “Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia, che doveva essere l’ultima, sono solo parole al vento. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno, ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori”, ha scritto.

Infine, Elena Cecchettin ha concluso con un’amara riflessione sul sistema giudiziario e sociale che, a suo avviso, non tutela adeguatamente le donne: “Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e il menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”.

Il caso di Giulia Cecchettin rappresenta purtroppo uno dei tanti episodi di violenza contro le donne in Italia. La condanna all’ergastolo per Filippo Turetta è certamente un segnale forte, ma le parole di Elena Cecchettin evidenziano come ci sia ancora molto da fare per affrontare in modo efficace il fenomeno della violenza di genere e garantire giustizia alle vittime e alle loro famiglie.

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