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Gino Cecchettin, padre di Giulia: “Abbiamo fallito tutti come comunità”

Filippo Turetta condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Escluse le aggravanti di crudeltà e stalking, ma riconosciuta la premeditazione.

La Corte d’Assise di Venezia ha emesso la sentenza che condanna Filippo Turetta, 22 anni, all’ergastolo per l’omicidio della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023. La decisione è arrivata dopo un lungo processo che ha visto la Procura contestare diverse aggravanti, tra cui la crudeltà e lo stalking, entrambe escluse dai giudici. È stata invece riconosciuta l’aggravante della premeditazione.

Il padre della vittima, Gino Cecchettin, ha commentato la sentenza con parole cariche di dolore e riflessione: “Abbiamo perso tutti come società. Nessuno mi ridarà indietro Giulia, non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri. È chiaro che è stata fatta giustizia, ma dovremmo fare di più come esseri umani, la violenza di genere va combattuta con la prevenzione, non con le pene. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato niente rispetto a ieri o a un anno fa”.

Durante il processo, la Corte ha disposto anche il pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere da parte di Turetta, oltre alla sua interdizione perpetua dai pubblici uffici. È stato inoltre stabilito un risarcimento economico per i familiari di Giulia Cecchettin: 500mila euro al padre Gino, 100mila euro ciascuno ai fratelli Elena e Davide, e 30mila euro a testa alla nonna Carla Gatta e allo zio Alessio Cecchettin. Le motivazioni della sentenza saranno rese pubbliche entro 90 giorni.

Nonostante la condanna all’ergastolo, l’esclusione delle aggravanti di crudeltà e stalking ha suscitato interrogativi. Su questo punto, il padre della vittima ha dichiarato: “Su questo bisognerà capire cosa sono crudeltà e stalking, su questo ci sarà sicuramente da dibattere”. La Procura aveva insistito su tali aggravanti durante il processo, considerando le modalità con cui il delitto era stato compiuto. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per confermarle.

L’omicidio di Giulia Cecchettin ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana, riaccendendo il dibattito sulla violenza di genere e sulle misure necessarie per prevenirla. Il padre della giovane ha espresso il desiderio di continuare a impegnarsi in questa battaglia: “Si riparte con i miei messaggi di sempre, mi dedicherò alla fondazione e andremo avanti insieme al Comitato scientifico e a quello operativo. Andremo avanti cercando di salvare altre vite”.

In aula, Gino Cecchettin ha raccontato di aver mantenuto un atteggiamento impassibile durante la lettura della sentenza: “Avrei accettato qualsiasi verdetto e lo accetto. Quando è arrivato, ho capito che l’essere tutti qui significa che abbiamo perso una battaglia, e lo dico da cittadino. Come padre, la mia storia è la stessa da un anno a questa parte”. Le sue parole riflettono un profondo senso di sconfitta non solo personale ma anche collettiva, sottolineando la necessità di un cambiamento culturale per combattere efficacemente la violenza di genere.

Il caso ha portato alla luce anche questioni legate alla definizione e all’applicazione delle aggravanti nei reati di omicidio. La premeditazione, riconosciuta dai giudici, ha giocato un ruolo cruciale nella determinazione della pena. Tuttavia, l’esclusione delle aggravanti di crudeltà e stalking ha sollevato dubbi tra gli esperti legali e l’opinione pubblica. Questo aspetto potrebbe essere oggetto di ulteriori discussioni e analisi nei prossimi mesi.

La vicenda di Giulia Cecchettin rappresenta un tragico esempio delle conseguenze della violenza di genere. Secondo i dati ISTAT, in Italia una donna su tre subisce violenza fisica o psicologica nel corso della sua vita. Questo drammatico fenomeno richiede interventi urgenti non solo sul piano legislativo ma anche su quello educativo e culturale.

Il padre della vittima ha ribadito l’importanza della prevenzione come strumento principale per contrastare la violenza: “La giuria si è pronunciata e ha comminato una pena, ma la battaglia contro la violenza continua, è un percorso che dobbiamo fare come società”. Le sue parole evidenziano la necessità di un impegno collettivo per affrontare una problematica che riguarda tutti.

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