Il padre di Giulia Cecchettin critica la difesa di Filippo Turetta, accusato del femminicidio della figlia, sottolineando l’importanza del rispetto e del buon senso.
La recente requisitoria degli avvocati di Filippo Turetta, accusato del sequestro e dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ha suscitato un acceso dibattito pubblico e indignazione da parte della famiglia della vittima. Gino Cecchettin, padre della giovane studentessa di Vigonovo, ha condiviso il suo disappunto sui social media, accusando la difesa di aver oltrepassato i limiti del rispetto umano e del buon senso.
Durante l’udienza tenutasi il 26 novembre, la difesa di Turetta ha sostenuto che la lista di oggetti preparata dall’imputato prima dell’omicidio dimostrerebbe la premeditazione di un sequestro, ma non di un omicidio. Questa affermazione ha provocato una forte reazione da parte di Gino Cecchettin, che ha espresso il suo dolore e la sua indignazione attraverso un post su Facebook e Instagram. “Quando si esercita il diritto inviolabile della difesa per un imputato – ha scritto – bisogna mantenersi entro un limite che, pur non essendo formalmente codificato, è dettato dal buon senso e dal rispetto umano. Travalicarlo rischia di aumentare il dolore dei familiari della vittima e di suscitare indignazione in chi assiste”. Ha poi aggiunto: “Io ieri mi sono sentito nuovamente offeso e la memoria di Giulia è stata umiliata”.
La vicenda giudiziaria riguarda il tragico femminicidio di Giulia Cecchettin, una studentessa universitaria di 22 anni, prossima alla laurea, che è stata sequestrata e uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto l’ergastolo per l’imputato, descrivendo il delitto come l’ultimo atto di controllo e prevaricazione da parte del giovane. Secondo l’accusa, Turetta avrebbe cercato di esercitare un controllo totale sulla vita di Giulia, monitorando le sue frequentazioni, le amicizie e le uscite. Il pm ha presentato come prove a sostegno della premeditazione le liste degli oggetti redatte da Turetta e il diario personale di Giulia, in cui la ragazza annotava i motivi che l’avevano spinta a porre fine alla relazione.
Il diario di Giulia rappresenta un elemento cruciale nell’indagine. In esso, la giovane aveva scritto riflessioni intime sul suo rapporto con Turetta, evidenziando episodi di controllo e comportamenti oppressivi che l’avevano portata a prendere la decisione di lasciarlo. Per il pm, queste annotazioni dimostrano chiaramente il clima di oppressione vissuto dalla ragazza e il desiderio dell’imputato di mantenere il controllo su di lei a tutti i costi.
Dopo il crimine, secondo quanto ricostruito dall’accusa, Filippo Turetta avrebbe cercato di cancellare ogni traccia delle sue azioni. Prima di essere catturato dalle forze dell’ordine, avrebbe tentato di eliminare i dati dal suo cellulare e persino pulito i vetri dell’auto utilizzata durante il sequestro. Il pm Petroni ha sottolineato che l’imputato non aveva alcuna intenzione di costituirsi volontariamente, ma si sarebbe semplicemente arreso perché privo delle risorse necessarie per continuare la fuga.
Le dichiarazioni della difesa, che hanno minimizzato la premeditazione dell’omicidio, hanno scatenato un’ondata di critiche sui social media e nell’opinione pubblica. Molti utenti hanno espresso solidarietà alla famiglia Cecchettin, condannando le parole degli avvocati come irrispettose nei confronti della memoria della vittima. Anche Gino Cecchettin ha ribadito l’importanza del rispetto per le famiglie delle vittime durante i processi penali: “La difesa è un diritto inviolabile, ma va esercitata con misura e rispetto”.
Il caso ha riacceso il dibattito sul femminicidio in Italia e sulla necessità di affrontare con maggiore determinazione il fenomeno della violenza contro le donne. La storia di Giulia Cecchettin è diventata simbolo di questa lotta, spingendo molte persone a riflettere sul ruolo delle istituzioni e della società nel prevenire simili tragedie.
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