“È stato un anno difficile, pieno di dolore, ricordi e lacrime. Ma soprattutto di lotta. Lotta per lei, che non c’è più”. Con queste parole Elena Cecchettin ha voluto ricordare, attraverso un post su Instagram, la sorella Giulia, a un anno dal tragico ritrovamento del suo corpo. Nella stessa giornata, il padre, Gino Cecchettin, ha presentato alla Camera dei deputati la “Fondazione Giulia Cecchettin”, un progetto dedicato alla formazione e all’educazione sull’affettività e alla prevenzione della violenza di genere.
Nel suo messaggio, Elena rievoca il dolore provato quel giorno di novembre 2023, quando ricevette la notizia che confermava il femminicidio della sorella. “Un anno fa – scrive – ero con una volontaria dell’associazione Penelope, e cercavo di fare colazione. Erano sei giorni che non riuscivo a mangiare. La volontaria riceve una chiamata e mi dice: ‘Elena, torniamo a casa’. Io le chiedo: ‘L’hanno trovata?’ E lei risponde: ‘Sì’. Quella è stata la conferma che Giulia non sarebbe più tornata a casa”.
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Le parole di Elena trasmettono il dolore della perdita, ma anche la forza di chi ha scelto di trasformare la tragedia in un impegno sociale. “Oggi questa lotta prende anche la forma di un impegno, un impegno sociale per iniziare un processo di cambiamento. Per impedire che nessun’altra sorella debba ricevere quella chiamata”, prosegue Elena. Attraverso la neonata fondazione, l’obiettivo è quello di prevenire situazioni di violenza e supportare le vittime.
Nel suo post, Elena dedica un messaggio speciale al padre, definendolo un esempio di forza e determinazione: “Mio padre, nonostante non abbia mai smesso di lottare con il dolore, ha fatto tantissimo. Ha raccolto i pezzi di due anni di sofferenza e li ha trasformati in qualcosa di enorme. La Fondazione Giulia Cecchettin è il risultato del suo lavoro per aiutare le famiglie, le donne e chiunque si trovi in situazioni di abuso”.
La giornata è stata anche occasione per una critica rivolta alle istituzioni. Elena Cecchettin ha espresso il suo dissenso verso alcune dichiarazioni del ministro Giuseppe Valditara, che ha attribuito l’aumento delle violenze sessuali all’immigrazione incontrollata. “Perché devono essere sempre le famiglie delle vittime a raccogliere le forze e creare qualcosa di buono per il futuro?”, si chiede Elena, che non nasconde l’amarezza per la mancanza di azioni concrete da parte del governo. “Invece di fare propaganda alla presentazione di una fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco e ‘per bene’, si ascoltasse di più, perché continuano a morire centinaia di donne ogni anno nel nostro Paese”.
Nelle sue parole emerge la volontà di non lasciare che la morte di Giulia venga dimenticata e che la tragedia vissuta dalla sua famiglia possa contribuire a un cambiamento culturale e sociale. La fondazione si propone di sensibilizzare le nuove generazioni attraverso percorsi educativi e progetti formativi, con l’obiettivo di prevenire la violenza di genere e promuovere relazioni sane e rispettose.
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