«Sono felice qui, non voglio andare via». Queste parole, pronunciate da Gene Wilder nell’ultimo giorno di riprese di “Frankenstein Junior”, rimandano alla straordinaria eredità di un film che, dal 1974, ha saputo conquistare il cuore di generazioni di spettatori. Con la regia di Mel Brooks, “Frankenstein Junior” non è solo un classico della commedia, ma un’opera che trascende i confini del genere, affermandosi come un capolavoro del cinema statunitense.
La pellicola, che ha visto competere David e Golia con la celebre Padrino – Parte 2 di Francis Ford Coppola al botteghino, ha saputo ritagliarsi un suo spazio nel firmamento di Hollywood. Oggi, a cinquant’anni dalla sua uscita, appare paradossale che due film così diversi siano ricordati in modo tanto dissimile. Mentre Padrino – Parte 2 è celebrato come un’opera d’arte immortale, “Frankenstein Junior” è stata per molto tempo relegata a semplice commedia di serie B. Tuttavia, dietro alle risate si cela un lavoro meticoloso che merita di essere riscoperto e analizzato.
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Il Ritorno ai Classici: La genesi di Frankenstein Junior
La volontà di far ridere con intelligenza è una delle chiavi del successo che ha caratterizzato “Frankenstein Junior”. A differenza di molte parodie moderne, il film di Brooks ha un ritmo più riflessivo, che richiama le commedie degli anni Trenta e Quaranta. Questa scelta di stile, però, non è stata esente da sfide. La Columbia Pictures, inizialmente, si oppose all’idea di girare in bianco e nero, ma fu Brooks a vincere: presentando il progetto alla 20th Century Fox, i due registi ottennero la libertà creativa che desideravano.
La preparazione per “Frankenstein Junior” non si è limitata alla scrittura. Gene Wilder e Mel Brooks hanno dimostrato una conoscenza enciclopedica del cinema degli anni d’oro, recuperando e reinterpretando elementi iconici del film horror classico. Le scenografie del laboratorio di Frankenstein, ad esempio, sono un omaggio diretto ai film di James Whale del 1931, trasformando il loro lavoro in una parodia sofisticata piuttosto che una mera sequela di gag.
Gene Wilder e Mel Brooks: Un Duo Inseparabile
Il risultato di questa collaborazione è un film ricco di scene memorabili che hanno segnato l’immaginario collettivo. Tra le più iconiche spicca la deformità dell’assistente Igor, interpretato da Marty Feldman, un elemento comico che è stato frutto di un’improvvisazione che ha poi trovato collocazione nel copione per volere di Brooks. Altra scena esilarante è quella in cui i cavalli impazziscono al solo sentire il nome di Frau Blücher, una battuta che ha radici nei miti rabdomanti più che in una logica cinematografica.
La chimica tra Wilder e Brooks ha portato a momenti di pura genialità cinematografica. Questo sodalizio non era, però, programmato. Wilder stava sviluppando l’idea della parodia da tempo, ma fu solo durante le riprese di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” che Brooks si unì al progetto. La battuta iconica di Brooks riguardo a un anticipo di 57 dollari rappresenta la leggerezza e il genio che caratterizzano il duo, capace di ridefinire il concetto di commedia in quel periodo.
Il trionfo al box office del 1974, che ha visto “Frankenstein Junior” conquistare un posto al quarto posto, è la testimonianza di un film che ha saputo ridere alle spalle delle convenzioni del suo tempo. In un anno dominato da blockbuster come “L’inferno di cristallo”, “Frankenstein Junior” ha brillato per la sua originalità.
Oggi, mentre il cast originale si assottiglia con la recente scomparsa di Teri Garr, che interpretava la dolce Inga, perdura l’impatto comico e nostalgico che “Frankenstein Junior” continua a generare. Che si tratti delle risate che riecheggiano a Hollywood o della gioia vissuta sul set, il film rimane una pietra miliare della cultura popolare.
Ad un anno dall’inaugurazione del Premio alla Carriera a Mel Brooks, è interessante notare come, nonostante il tempo trascorso, il film continui a nutrire la memoria collettiva. L’incredibile dinamismo delle riprese, che lasciava la troupe in preda a crisi di riso, dimostra come la comicità sia una forma d’arte vivente.
Così, mentre Gene Wilder rimane uno dei pochi legami con quel “posto felice”, il pubblico continua a godere delle meraviglie di “Frankenstein Junior”. Un cupo laboratorio di risate che emoziona e incanta, un simbolo di come la commedia possa resistere al tempo e alle tendenze, rimanendo attuale e affascinante per nuove generazioni.
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