Il caso della morte di Denis Bergamini, calciatore del Cosenza scomparso nel 1989, ha finalmente trovato una svolta giudiziaria dopo 35 anni. La Corte d’Assise di Cosenza ha condannato Isabella Internò, ex fidanzata di Bergamini, a 16 anni di reclusione per omicidio volontario in concorso con ignoti.
La sentenza e le reazioni
Dopo oltre 8 ore di camera di consiglio, la Corte presieduta dal giudice Paola Lucente ha emesso il verdetto, ridimensionando la richiesta dell’accusa di 23 anni e concedendo le attenuanti prevalenti sulle aggravanti. La sentenza ha escluso le aggravanti della crudeltà e dell’uso di sostanze venefiche.
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Isabella Internò, presente in aula, ha assistito alla lettura del dispositivo affiancata dai suoi legali. Prima della sentenza, l’imputata aveva rilasciato una breve dichiarazione spontanea: “Sono innocente, non ho commesso alcun reato, lo giuro davanti a Dio che è l’unico testimone di quanto accaduto”.
La famiglia Bergamini ha accolto la sentenza con emozione. La sorella di Denis ha commentato: “Adesso mio fratello può finalmente volare. Dedico questa sentenza ai tifosi del Cosenza, alla città, a mio padre che non c’è più, a mia madre e ai miei figli”.
Le indagini e il processo
Il caso Bergamini è stato oggetto di numerose indagini nel corso degli anni. Inizialmente archiviato come suicidio, è stato riaperto grazie all’insistenza della famiglia e alle nuove prove emerse. Il processo, durato tre anni e con oltre sessanta udienze, ha portato alla luce dettagli cruciali sulla morte del calciatore.
L’accusa ha sostenuto che Isabella Internò fosse la mandante dell’omicidio premeditato di Denis Bergamini, ucciso il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico. Secondo la ricostruzione, il movente sarebbe stato legato alla fine della relazione e al rifiuto di Bergamini di sposare Internò dopo un aborto avvenuto due anni prima.
Il ruolo di Isabella Internò
Isabella Internò, all’epoca dei fatti ventenne, aveva una relazione tormentata con Denis Bergamini. La coppia si era conosciuta quando il calciatore si era trasferito al Cosenza, e lei aveva solo 16 anni. Il rapporto era caratterizzato da frequenti litigi e separazioni, come confermato da familiari e amici.
Un evento cruciale nella loro storia fu la gravidanza di Isabella nel 1987. Nonostante Bergamini fosse disposto a riconoscere il figlio, la ragazza decise di abortire a Londra. Questo episodio è considerato dagli inquirenti come il possibile movente dell’omicidio.
La dinamica dell’omicidio
Il corpo di Denis Bergamini fu trovato il 18 novembre 1988 sulla strada statale 106 Jonica, apparentemente investito da un camion. Isabella Internò dichiarò inizialmente di averlo visto buttarsi sotto il veicolo per suicidarsi.
Tuttavia, l’autopsia rivelò che il calciatore era morto per asfissia, probabilmente causata da una compressione sulla gola con un sacchetto di plastica o una sciarpa. Questo dettaglio ha portato all’apertura di una nuova indagine che ha culminato con l’arresto e la condanna di Isabella Internò.
Le conseguenze della sentenza
Oltre alla pena detentiva, Isabella Internò è stata condannata all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dei diritti civili per la durata della pena. La Corte ha anche disposto il risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con una provvisionale immediatamente esecutiva di centomila euro ciascuna.
La sentenza ha inoltre aperto nuovi scenari investigativi. La Corte ha disposto il rinvio degli atti alla Procura per valutare l’apertura di indagini a carico di alcuni familiari dell’imputata per falsa testimonianza, e nei confronti del cugino di Isabella, Roberto Internò, anche per concorso in omicidio.
La condanna di Isabella Internò per l’omicidio di Denis Bergamini rappresenta un punto di svolta in un caso che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso per 35 anni. Mentre la giustizia ha fatto il suo corso, restano ancora domande aperte sui possibili complici e sulle circostanze esatte della morte del calciatore. La famiglia Bergamini, dopo anni di lotta per la verità, ha finalmente ottenuto un primo riconoscimento della loro perdita, ma la storia di Denis Bergamini continua a essere un monito sulla complessità e la persistenza necessarie nella ricerca della giustizia.
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